sabato 21 febbraio 2009

Una serata salata


Eccomi tornato a voi!
Avrete notato che le ultime note la aveva scritte la Sbaffina, perché io sono stato poco bene e non avevo voglia né di leggere né di scrivere: capita a tutti, credo, quando si sta male. Però tutto è passato e sono di nuovo in pista per raccontarvi una seratina di quelle...
Si va con la mi' moglie a cena ai Paparazzi, ai Portici di via Roma. Siamo arrivati davanti e m'è venuto un presentimento. Normalmente un si legge mai il menù perché, come diceva il Lupo, se un si va un si vede. Stavolta s'è letto e un s'è avuto il coraggio di scendere le scale!
Una serie di banalità ristorative s'inanellavano una dietro l'altra e ho detto "Questi la mi' pensione un se la beano!". E allora?, direte voi. Allora si va da Guido, 20 metri più in là.
S'entra in un saloncino che a casa mia ci tengo un telefono e una poltrona, qui invece ci zeppano 40 e passa persone. Noi per l'età, e non solo, siamo un po' abbondanti e ci siamo sentiti un tantino sacrificati, comunque il magro (per forza, sennò un passa tra le seggiole) titolare ci fa accomodare in un tavolo di passo, cioè da dove devono passare tutti e dico tutti i clienti del locale: quelli che devono uscire, quelli che devono andare al bagno, quelli che devono entrare, quelli che devono pagare... un tormento!
Si ordina una tagliatella al sugo di nana, un antipasto della casa (per forza!), un coniglio al tegame, una trippa all'aretina. Il vino si beve, quando possibile, quello aretino e devo dire che ne hanno abbastanza (lodevole!), ma lo tengono sulle mensole e lo prendono al volo salendo sulle sedie dei tavoli (meno lodevole!).
Fuori dai denti: la tagliatella era immangiabile da quanto il sugo era salato! Non saporito... salato. L'antipasto a detta della Sbaffina era buono, il sugo dei crostini fatto con troppa carne secondo lei ma io dico che ad Arezzo usa metterci un po' di macinato. La trippa all'aretina, l'ho già detto, si fa con il sugo di carne e non come la facciamo a Firenze (oddio, vi ho svelato i miei natali!), ma non è questo il punto. Era piccante in tal guisa che sono stato costretto a lasciarla nel piatto. Alò... sono calabresi (credo) quindi amanti del piccante, ma il peperoncino in Toscana s'adopra poco poco. Il coniglio (buono come può essere buono un coniglio oggi) era ben fatto, ma non era al tegame perché ad Arezzo al tegame vuol dire arrosto morto quindi per quanto, mi ripeto, fosse buono e ben fatto, non era quello che ci si aspettava.
Per finire il vino mi son fatto portare un po' di formaggio: un'opera d'arte! Peccato che siamo sempre lì: un l'han fatto mica loro! Nel frattempo tra spinte, calci alle sedie e "mi scusi" e "permesso", siamo arrivati al dolce: un piccolo semifreddo al croccantino che unnà importanza chi l'ha fatto tanto son tutti uguali!
Siamo rimasti solo noi in sala che tutt'a'ntratto lo staff si siede e comincia a mangiare senza avere il minimo riguardo per noi poveri vecchiucci seduti in quello stanzino. Ho chiesto il conto mentre il titolare aveva appena messo in bocca il primo boccone (tiè!). Euri, udite udite, 105! Con lo sconto, forse dovuto alle percosse ricevute durante la cena da quelli che uscivano, 95. Ho lasciato la mancia a quella figliola della sala che, secondo me, vive con l'incubo che se ingrassa la licenzino!
Quando ero giovane e mi fermavo ad Arezzo durante il lavoro c'era una trattoriola in questo posto dove mangiavano gli operai, e sopra c'era un alberghetto dove lavoravano le signorine... O sapete quanto era meglio prima!
Alle prossime,

Poldo

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