sabato 21 febbraio 2009

Una serata salata


Eccomi tornato a voi!
Avrete notato che le ultime note la aveva scritte la Sbaffina, perché io sono stato poco bene e non avevo voglia né di leggere né di scrivere: capita a tutti, credo, quando si sta male. Però tutto è passato e sono di nuovo in pista per raccontarvi una seratina di quelle...
Si va con la mi' moglie a cena ai Paparazzi, ai Portici di via Roma. Siamo arrivati davanti e m'è venuto un presentimento. Normalmente un si legge mai il menù perché, come diceva il Lupo, se un si va un si vede. Stavolta s'è letto e un s'è avuto il coraggio di scendere le scale!
Una serie di banalità ristorative s'inanellavano una dietro l'altra e ho detto "Questi la mi' pensione un se la beano!". E allora?, direte voi. Allora si va da Guido, 20 metri più in là.
S'entra in un saloncino che a casa mia ci tengo un telefono e una poltrona, qui invece ci zeppano 40 e passa persone. Noi per l'età, e non solo, siamo un po' abbondanti e ci siamo sentiti un tantino sacrificati, comunque il magro (per forza, sennò un passa tra le seggiole) titolare ci fa accomodare in un tavolo di passo, cioè da dove devono passare tutti e dico tutti i clienti del locale: quelli che devono uscire, quelli che devono andare al bagno, quelli che devono entrare, quelli che devono pagare... un tormento!
Si ordina una tagliatella al sugo di nana, un antipasto della casa (per forza!), un coniglio al tegame, una trippa all'aretina. Il vino si beve, quando possibile, quello aretino e devo dire che ne hanno abbastanza (lodevole!), ma lo tengono sulle mensole e lo prendono al volo salendo sulle sedie dei tavoli (meno lodevole!).
Fuori dai denti: la tagliatella era immangiabile da quanto il sugo era salato! Non saporito... salato. L'antipasto a detta della Sbaffina era buono, il sugo dei crostini fatto con troppa carne secondo lei ma io dico che ad Arezzo usa metterci un po' di macinato. La trippa all'aretina, l'ho già detto, si fa con il sugo di carne e non come la facciamo a Firenze (oddio, vi ho svelato i miei natali!), ma non è questo il punto. Era piccante in tal guisa che sono stato costretto a lasciarla nel piatto. Alò... sono calabresi (credo) quindi amanti del piccante, ma il peperoncino in Toscana s'adopra poco poco. Il coniglio (buono come può essere buono un coniglio oggi) era ben fatto, ma non era al tegame perché ad Arezzo al tegame vuol dire arrosto morto quindi per quanto, mi ripeto, fosse buono e ben fatto, non era quello che ci si aspettava.
Per finire il vino mi son fatto portare un po' di formaggio: un'opera d'arte! Peccato che siamo sempre lì: un l'han fatto mica loro! Nel frattempo tra spinte, calci alle sedie e "mi scusi" e "permesso", siamo arrivati al dolce: un piccolo semifreddo al croccantino che unnà importanza chi l'ha fatto tanto son tutti uguali!
Siamo rimasti solo noi in sala che tutt'a'ntratto lo staff si siede e comincia a mangiare senza avere il minimo riguardo per noi poveri vecchiucci seduti in quello stanzino. Ho chiesto il conto mentre il titolare aveva appena messo in bocca il primo boccone (tiè!). Euri, udite udite, 105! Con lo sconto, forse dovuto alle percosse ricevute durante la cena da quelli che uscivano, 95. Ho lasciato la mancia a quella figliola della sala che, secondo me, vive con l'incubo che se ingrassa la licenzino!
Quando ero giovane e mi fermavo ad Arezzo durante il lavoro c'era una trattoriola in questo posto dove mangiavano gli operai, e sopra c'era un alberghetto dove lavoravano le signorine... O sapete quanto era meglio prima!
Alle prossime,

Poldo

venerdì 20 febbraio 2009

E il Piave? Mormora...


Quante volte sarà capitato ad ognuno di voi di passare da una stessa strada senza rendersi conto dei cambiamenti che accadono via via... beh, a me succede spesso, e anche a mio marito a dire il vero... sarà l'età, direte voi, e forse non avete tutti i torti. Comunque tante volte, tipo quando siamo a fare una passeggiata in centro, non so, per il Corso ad esempio, capita che ci si soffermi davanti a una vetrina e si dica "Ma questo qui quant'è che è aperto?", e magari si aggiungono frasi del tipo o non c'era tizio, o non c'era caio qui, boh, si vede che sono andati in pensione o hanno venduto... e vai che partono i ricordi di quando s'era giovani e ci si fermava da questo o quello che chissà che fine hanno fatto adesso.
Insomma, tutto questo discorso per dire che capirete di sicuro se, passando l'altro giorno con la macchina in via Piave alla ricerca di un parcheggio (che, tra l'altro, non si trova mai) a un certo punto sento Poldo dire "Aspetta, aspetta!", io mi fermo e dico "Ma scusa, qui c'è il passo carrabile, mica ci si può mettere!", "No, dicevo dall'altra parte! Guarda, devono aver aperto un nuovo ristorante"... e in effetti, guardando bene, vedo un'insegna bianca con scritto Ristorante Piave, con tanto di dicitura sotto Specialità marinare.
Come d'obbligo ci sorge il dubbio da quanto avrà aperto non avendone mai sentito parlare, e in ogni caso ci riproponiamo di verificare di persona come ci si mangi. Fatto sta che qualche sera fa ci decidiamo ad andare, usciamo di casa e facciamo due passi conversando e chiedendoci chi possa aver avuto l'idea di aprire un ristorante di solo pesce in una zona così poco 'marittima' di Arezzo... Mah, sarà 'pesce urbano' penso fra me e me, e alla luce di quanto mangiato, mi sa che tutti i torti non li avevo!
Arrivati sul posto, entriamo e il locale ci appare proprio in stile marinaresco in tutto e per tutto, con quei colori alle pareti e quell'arredamento classico dei ristorantini sul mare... però c'è un però... avete presente cos'è che colpisce quando si entra in un ristorante che fa il pesce? Certo che ce l'avete presente: è il profumo del mare, l'odore prelibato del pesce appena cucinato, mentre lì quello che ci colpisce è l'odore assolutamente di niente, tant'è che ci guardiamo un po' esterrefatti e buttiamo là un va beh, tanto ormai siamo venuti...
Ad accoglierci c'è un baldo giovane che pare aggirarsi in quelle due piccole sale come un pesce fuor d'acqua, tanto per rimanere in tema, facendo una spola un po' goffa fra il nostro tavolo e quello degli unici altri due clienti. Il mistero è comunque presto svelato, perchè il ragazzo in questione ci confessa subito di non essere del mestiere ma di prestarsi in quell'occasione a dare una mano alla sorella in cucina... Beh, gestione familiare, diciamo per rompere il ghiaccio, insomma, non proprio, ci sentiamo rispondere... d'accordo, forse è meglio non chiedere altro e pensare a mangiare piuttosto... 'Non ti curar di loro ma guarda e passa...'
Assodato che il cameriere non sa consigliarci su niente, arriva solerte la sorella che scopriamo fare, sempre per quella sera, le veci dello chef... ah, e s'è scelto proprio il giorno giusto per andarci! Come andare allo stadio e vedere giocare i panchinari insomma, che poi a volte è pure meglio, perchè anche se non hanno la classe e l'esperienza dei titolari, di sicuro ci mettono più grinta e danno il meglio di se stessi per mettersi in mostra che chissà quando gli ricapita un' occasione del genere. E in effetti la signora ci mette tutto l'impegno nel consigliarci cosa prendere e noi, colpiti da tanto zelo e non volendo ferire il suo orgoglio di vice-chef, ci lasciamo convincere a prendere due primi, paccheri ai calamari e tagliolini alla spigola, e due secondi, tagliata di spigola e orata in crosta di melanzane. Sarete sorpresi nel sentire che stavolta ho dato retta a mio marito e non ho preso l'antipasto... beh, finora non sono stata granchè fortunata... e poi confesso che la signora c'ha messo del suo a convincermi non nascondendo affatto che tra gli antipasti c'era ben poco, per non dire niente, di fresco!
Tra una chiacchiera e l'altra arrivano in tavola due piatti fumanti di pasta... e anche lì il solito dubbio: ma il profumo dove sta? Non per essere pignoli, ma mica s'è ordinato un bicchiere d'acqua! E infatti il sapore non è da meno perchè praticamente è assente in entrambi i casi...
Confidando nei secondi spiluzzichiamo qualcosa apprezzando, se non altro, la cottura al dente della pasta. E qui ci rendiamo effettevamente conto che forse siamo noi che si sbaglia, perchè ci creiamo delle aspettative che poi vengono puntualmente deluse, nel senso... io per tagliata di spigola mi aspettavo un bel carpaccio e invece mi arriva un piatto ustionante con dei filetti di pesce cotti al microonde o forse, spero, al vapore, tipo la sogliola che mi sa tanto di malato perchè si fa sempre ai bambini quando hanno la febbre, mentre Poldo per orata in crosta si aspettava un bel pesce involtato con le fette sottili sottili di melanzana e cotto al forno e invece gli arriva una specie di tortino 'inguluppato' con le melanzane fritte che trasudavano l'olio anche solo a vederle!
Sconsolati come non mai e della serie facciamoci del male, chiediamo cosa ci sia di dolce sperando in una qualche sorta di sorbetto per togliersi quel saporino di mangime e di olio rifritto che ci è rimasto in bocca... niente, figuriamoci, indovinate cos'hanno? Torta di mele e torta al cioccolato, di nome ovviamente, in realtà consistenti in una specie di frittata (giuro che non scherzo!) la prima, e nella classica miscela nove torte (che per mangiarla dovrebbero portarti lo scalpello, altro che la forchettina!) la seconda. Così, anche questa volta non ci resta che attendere il conto come una liberazione, e prendere tutto sul ridere, perché a questa età arrabbiarsi fa tutt'altro che bene, no?
Ora io mi chiedo una cosa: ma è così difficile dare ai clienti quello per cui pagano? A questa gente vorrei chiedere, ma voi per pesce fresco cosa intendete, appena tolto dal frigo dov'era stato riposto chissà quando o appena pescato?.
Voi che ne dite?
Alla prossima,

Sbaffina

sabato 14 febbraio 2009

Pizza era... forse!

In questi giorni i fatti di cronaca sui quotidiani si rincorrono quasi facessero a gara di tristezza; si sono sprecate tante di quelle parole su quella sfortunata ragazza, si è detto e sentito di tutto e ancora si va avanti a strillare in quello che a me pare essere diventato un vero e proprio delirio, indecente come ha detto giustamente qualcuno... usare una persona, e una famiglia intera, vittima di una tragedia per una battaglia di potere è davvero una sconcezza... comunque, come si dice, tiriamo a far ciccia che sennò i giornali non li compra più nessuno!
Io che invece dei quotidiani leggo tutto, non solo i titoloni, ma anche e soprattutto i trafiletti, oggi mentre prendevo il caffè al bar sono rimasta colpita da un articolo minuscolo, davvero poche righe, intitolato 'Le lasagne: sapori d'infanzia', nel quale si diceva che secondo il 74% di esperti (non ho capito di cosa!) il cibo rappresenta una vera e propria 'macchina del tempo', nel senso che è capace di riportarci indietro negli anni... largo quindi a quello che finora era un luogo comune, e cioè che il cibo della mamma o della nonna è sempre il più buono! Finalmente pare scientificamente dimostrato che i sapori, le atmosfere della cucina dove si è cresciuti, i profumi dei piatti dell'infanzia ci accompagnano per tutta la vita... bene, interessante, ma del resto si sapeva tutti no? Intanto mi viene da sorridere al pensiero di quali cibi, tra qualche anno (se ci arriveremo!), potranno mai ricordarci le schifezze che ci capita di mangiare in questo periodo! Per non parlare poi delle atmosfere che si respirano in certi locali e che di tutto sanno fuorché di casalingo!
A tal riguardo, il posto più impersonale dove mi è capitato di andare è stato quel ristorante alla multisala, Pizza è... mi pare si chiami, il classico posto dove ti senti sempre fuori luogo... anche perchè loro ti fanno sentire così! Ora vi racconto perchè...
Una sera con mio nipote s'era andati al cinema (Poldo non era venuto perchè lui i film li scarica e se li guarda al computer, facessero tutti così, gli dico io, smetterebbero di farli i film, ma che volete, ci vuole pazienza e basta!) e usciti dalla sala si disse "Tanto siamo qui, proviamo come si mangia in questo locale?"...
Avete presente com'è? C'avrà almeno duecento posti a sedere e questo ci fece pensare che se ne hanno necessità vuol dire che si mangia bene... che poi certe deduzioni, del tutto ovvie, spesso si rivelano sbagliate, infatti...
A dire il vero, quella sera non ne avevano tanta necessità, perchè i presenti si contavano sulle dita delle mani. Meglio così, ci diciamo, ed entriamo. Un signore dall'inconfondibile accento napoletano ci indica un tavolo dove sederci mentre, blocchetto in mano, si avvicina ad altri clienti per prendere l'ordinazione. Ora, che volete, non è per origliare, però quando un locale così grande è vuoto si sente tutto! Insomma, li guarda e fa "Due margherite e una bottiglia d'acqua vero?", padre e figlio si guardano e sento dire "Ma perchè, scusi, non c'è altro?", "No, come no, c'è tutto! Facevo così, per dire"... Sì, per dire, come no, fare i conti in tasca alla gente è proprio un bel modo per risultare simpatico!
Per fortuna si guarda bene dal fare la stessa battuta anche a noi e se la cava col più banale dei "Che vi porto?" Noi, che dopo la scena alla quale s'era assistito c'eravamo già accordati per prendere il piatto più costoso di tutti (toh, per dispetto!), ordiniamo le linguine all'astice che tra l'altro, se son fatte bene, sono proprio una squisitezza!
Il piatto arriva in un ragionevole tempo di attesa accompagnato da un bello schiaccianoci stile Marino fa Mercato per spaccare le chele dell'animale (perchè, ovviamente, un ristorante che vede l'astice nel suo menù altrettanto ovviamente poi non ha le posate e gli utensili giusti per fartelo mangiare). Non è per essere pignoli... è che in realtà ci vorrebbe così poco per fare le cose per bene...
Comunque... le assaggiamo e tiriamo un sospiro di sollievo: sono veramente buone, le linguine... mentre l'astice, ahimé, davvero immangiabile! Ma non che fosse cattivo, proprio non si riusciva o quasi a mangiarlo tanto era duro! Altro che polpa, sembrava di dare i morsi a quelle gomme da lapis della Staedtler, presenti no? Beh, mi guardo intorno e penso "Con duecento coperti che vuoi pretendere, per forza si avvantaggiano cuocendola prima la roba, solo che mi piacerebbe sapere quanto prima!"
Anzi, perché ormai s'era un po' rotto il carapace, altrimenti sarebbe stato buffo provare a far combaciare le due metà per vedere se tornavano!
Dopo un bel po' richiamiamo quel 'simpatico' signore il quale arriva solerte e toglie i piatti senza fare domande perchè è ovvio che chi ordina le linguine all'astice poi l'astice non lo mangia, no?... Eh già, lui sì che lo saprebbe quando l'hanno cotto ma preferiamo rimanere nel dubbio e ordiniamo una spigola all'acqua pazza, che quella sfido veramente chiunque a farla dura! Poca fortuna anche stavolta direi, perchè quell'odorino di ammoniaca che mandava è di certo segnale di una un po' troppo lunga permanenza in qualche cella frigorifera!
Io credo che quando una cosa non è granché si farebbe prima e soprattutto più bella figura a dire che non c'è, non credete?
Che volete, del resto qui la gente viene per vedere i film, mica per mangiare!
Alla prossima

Sbaffina

giovedì 12 febbraio 2009

Il pan con l'olio

Per chi, come me, è cresciuta in una casa spesso piena di ospiti, dove c'era sempre necessità di pelare patate, affettare ortaggi e impastare acqua e farina, è stato naturale appassionarsi alla cucina fin da piccola... Crescendo è piuttosto normale che poi le abitudini un po' cambino: aumentano gli impegni, si ha sempre meno tempo per tutto, ma si impara anche a fare di necessità virtù, cucinando magari un po' meno ma forse (anzi, spero) un po' meglio!
Da anziani capita invece che il piacere di cucinare sia spesso offuscato dal pensiero che mette poi lavare i piatti, risistemare e pulire tutto... va così a finire che con sempre maggiore frequenza ci troviamo a dire la classica frase "Ma perchè non si va a mangiare qualcosa fuori?" ... Peccato che con altrettanta maggiore frequenza si ritorni a casa delusi dalla scarsa qualità dei piatti che gli chef di questa bella città ci presentano ogni volta. Che poi, dico io, mica si pretende 'la cena perfetta', mica siamo Vissani che a casa si cucina chissà che, ci basterebbe mangiare decentemente, e invece niente, ogni volta si prende una bella fregatura! Ovvio che poi ci si sfoga così, raccontando le nostre disavventure e condividendole con quanti (a dire il vero siete sempre di più!) leggono, sono convinta facendosi delle gran risate, delle nostre cene in giro per Arezzo.
Giorni fa leggevo su D La Repubblica delle Donne un articolo sull'ultimo bestseller di Tamasin Day-Lewis (sì, la sorella di Daniel), una sorta di raccolta di ricette on the road tra America e Italia, e mi ha fatto sorridere una riflessione della scrittrice: "La vita di un travelling food writer non è sempre un letto di morbido foie gras. Spesso si mastica amaro"... come la capisco, a noi capita anche troppo spesso di mangiare male!
Per l'appunto che si parla di fegato d'oca mi torna in mente qualche settimana fa, quando ci si fermò a cena con mio nipote a Il Chioschetto, quella trattoria piccola ma davvero molto carina in via Cavour, davanti al Liceo classico per intendersi... Insomma, era un lunedì di gennaio in tutto e per tutto, con un tempo freddo e umido che in centro al di là della desolazione c' era ben poco, per cui vedere questa chicca di localino ci fece venire la voglia di entrare... e dopo poco anche quella di uscire, però!
Ci accoglie una signora con un bellissimo sorriso e già per mio nipote la serata poteva andar bene così; io che invece non sono altrettanto fortunata con la parte maschile presente in sala mi butto subito sul menù... cucina decisamente toscana, ma va bene così, del resto dove siamo, no? Ordino al solito l'antipasto della casa tanto odiato da mio marito, ma che sinceramente sta stancando anche me perché mai una volta che fosse decente, e mio nipote una tanto decantata zuppa di verdure con zucca gialla, in pole position tra i piatti del giorno, e qualche focaccina di ceci che lo chef accompagna ad un altro piatto ma che ci fanno la cortesia di portarci lo stesso.
In men che non si dica arriva tutto in tavola... dunque, da dove inizio? Allora, la zuppa, dalla cubettatura delle verdure inconfondibilmente industriale, non era altro che un minestrone che sapeva tanto di That's Amore e poco più; le focaccine, che la signora ci ha assicurato in tutti i modi lo chef facesse assolutamente e unicamente con farina di ceci, erano bianche come la polenta veneta e insapori come l'acqua del Po (quando ripasso di lì gli porto un sacchettino di ceci a vedere se li conoscono!); l'antipasto una bella piattata svuota frigo in cui, oltre il solito affettato, spiccavano una fetta di paté di fegato duro che ci voleva il coltello per tagliarlo; una improbabile mousse di boh e una tartelletta di pasta frolla, di quelle che trent'anni fa trovavi nei rinfreschi delle comunioni con dentro crema e frutta, ripiena di un non so cosa veramente rancido, all'assaggio della quale ho diligentemente posato coltello e forchetta alle 16:20 e passato il piatto alla signora perché ne era davvero intollerabile anche solo la vista!
A quel punto, direte voi, avremmo fatto meglio ad alzarci... e invece noi no, duri come le pine verdi si ordina un peposo con patate arrosto di contorno, a vedere se si riesce a mangiare qualcosa. Macché, fregati anche lì, perché le patate erano lesse e la carne uno spezzatino stoppaccioso che i miei poveri denti faticavano a mandar giù! Ovviamente scoraggiati, mai quanto la signora che continuava a portarci e riportarci via piatti quasi intonsi, ordiniamo un'altra bottiglia di vino e ci mangiamo due belle fette di pane con l'olio sotto gli occhi esterrefatti della signora che, secondo me, c'aveva già il conto in mano tanto sperava ci alzassimo. Invece siamo rimasti ancora un bel po', anzi, tornassi indietro gli chiederei anche un bel pomodoro da struffarci sopra, come si dice in casa mia!
...Ah, il conto? 69 euro di cui 30 di vino, con scontrino rigorosamente spillato al biglietto da visita come a dire 'fateci pubblicità mi raccomando'... e come no, ve lo raccomando sì il Chioschetto, più che altro vi raccomando di non andarci!!!
Alle prossime,

Sbaffina

mercoledì 11 febbraio 2009

Le strade vuote

Prendo spunto da un'articolo apparso in cronaca su un giornale locale per ricordare una cena fatta una sera che pioveva alla Trattoria Mazzoni al Canto della Croce.
Sì, proprio quel Mazzoni che nell'articolo si lamenta che il suo locale è in una strada morta.
Certo, che in via San Lorentino ci siano quattro ristoranti è un fatto di poco conto, anche perché se si mangiasse bene o si fosse trattati meglio sarebbe più affollata di Broadway! Comunque basta polemiche, che non servono a niente...
Entro nel ristorante con la signora Sbaffini e aspettiamo l'ignobile nipote che anche stavolta ritarda. Niente paura, la TV trasmette un programma pieno di figliole tanto belle che il titolare nemmeno ci considera, ipnotizzato dallo schermo. Ora mi domando... ma se due anziani si mettono a tavola in un locale vuoto, vicino al termosifone ché piove, ma un bicchiere di vino vorrai sentire se lo vogliono? Accueil mi pare si chiami in Francia l'arte di accogliere i clienti, perché di un'arte si tratta.
Chiamato vociando, il tale si volta e alla richiesta della carta dei vini mi porta una bottiglia di sua iniziativa dicendomi il prezzo e che piaceva a tutti. "C'è altro?" faccio io, "Sì..." mi dice, e porta un'altra bottiglia, "questa costa uguale". Desisto e accetto il consiglio.
Arriva Pisellino e ordiniamo: due crostini misti, un antipasto misto, una ribollita, un coniglio alla cacciatora, un baccalà, due sformati di patate che arrivano puntualmente dopo poco. Il crostino al pomodoro è delizioso, il crostino nero è troppo saporito, i funghi son sempre gli stessi che tutti comprano ad Arezzo. Il piatto della Sbaffina è decente senza troppe cadute (l'alimentari accanto è il loro: i salumi l'avran boni,no?).
I guai cominciano dopo. Ma perché chiamare la minestra di pane 'ribollita'? Se metti il pane toscano nel minestrone come fanno loro si zuppa di brodo e via. Non è mica vergogna chiamare la roba con il suo vero nome. Il coniglio alla cacciatora si fa in un altro modo, quello era in tegame al pomodoro. Buonino, ma... Il baccalà non sapeva di niente. Niente, neanche di sale (congelato?). Lo sformato era... sformato. O non si fa nelle formine e poi si sforma? Credo che loro lo scrivano 'sfornato'. Tant'e che Pisellino non lo vuole.
Ci si guarda negli occhi e diciamo "Si piglia la coda"? E vai... beh, a dirla tutta era buona, un po' sciocchina ma ben cotta. Finalmente qualcosa di buono direte voi... Ricordate che io racconto quello che vedo e sento, non c'è l'ho mica con nessuno!
A proposito del conto (83 euro) vorrei dire una cosa che non mai detto fino ad ora. Il vino, di cui non parlo mai a meno che non sia della casa, incide nel nostro caso circa per il 30% del conto. Bevessimo acqua spenderemmo di meno, ma tanto a chi se lasciano...
In conclusione, il Mazzoni si lamenta che nella strada non c'è nessuno, ma se trattasse la gente con un po' più di verso e simpatia forse qualcuno ci potrebbe tornare... Io non penso che lo farò.
Alle prossime,

Poldo

sabato 7 febbraio 2009

Ma quante belle figlie...!


"Ma ti ricordi quando si andava a ballare al Circolo Artistico?... Che tempi quelli, eh?"
Salve,sono di nuovo la signora Sbaffini e quella che avete appena letto è una frase che ricorre frequentemente quando esco con la mia più cara amica, nonché storica compagna di bridge prima e di burraco adesso... che volete, non che quei tempi fossero migliori di adesso, ma è indubbio che la giovinezza si ricorda sempre con estremo piacere e un pizzico di malinconia per l'esser passata troppo in fretta...
Comunque, ricordi di gioventù a parte, l'altra sera tornavo dall'Ipercoop con questa mia amica e, stanca di andare a passo d'uomo in via Fiorentina, mi fa "Tanto siamo qui ci s'a fermare a mangiare qualcosa in quel ristorantino là?" e indica il lato sinistro della strada. "Ma che vuoi andare al McDonald?" le rispondo, " No, macché, lì dietro, lungo il Castro, c'è un posto dove non sono mai stata... chissà, magari si mangia bene!"... Eh sì, magari (!!!), aggiungo adesso dopo averci mangiato... e vi assicuro anche che la mia amica ha giurato di mordersi la lingua la prossima volta invece di parlare!
Fatto sta che le do retta e ci fermiamo al Madamadorè. Oddio, più che entrare in un ristorante sembra di andare in casa di qualcuno, ma di certo si mangia peggio lì che casa di chiunque altro! Ci sediamo nel classico tavolo all'angolino di una sala piuttosto grande e un signore distinto arriva solerte a portarci i menu, i quali, dopo una rapida occhiata, ci lasciano piuttosto confuse... troppa roba, dico io, quando c'è un po' di tutto è raro che si trattino prodotti freschi... e, ad onor del vero, gli asterischi di lato ai nomi delle varie portate si sprecavano!
Per non saper né legger né scrivere ordiniamo l'antipasto della casa, da spiluzzicare intanto che decidiamo sul resto, e chiedo la carta dei vini perché, non so come mai, due signore non più giovanissime a tavola sembrano sinonimo di 'una bottiglia d' acqua naturale non fredda'... Trovandola poco esplicativa, dico al cameriere:
"Scusi giovanotto, ma qui c'è un elenco di vitigni, mica di vini, come faccio a scegliere se non so che aziende sono, che annate sono e via scorrendo?"
"Guardi, le aziende non ce le scriviamo perché il rappresentante ci manda i vini di quelle che ha disponibili al momento"
"Capisco, ci porti una bottiglia di Morellino di Scansano che da tanto in alto non si cadrà!"...
Nel frattempo arriva l'antipasto, croce spesso e raramente delizia delle mie cene, consistente in vari affettati dal gusto improbabile, sottolio cavati ora ora dal frigo con quell'olio di semi tutto gelatinoso, una bruschettina con una fetta di provola affumicata fusa che maschera qualcosa di scuro sotto e qualche pezzetto di focaccina calda, a dire il vero l'unica cosa non male.
Iniziamo ed arriva il vino, una bottiglia di Poggio Cavalli che vendono a sconto all'Esselunga... scusate ma è più forte di me, gli dico "Ho capito, i vini li scegliete in base a quelli che sono in offerta al supermercato!!!"... ovviamente nessuna risposta, anzi, il cameriere si allontana e da lì in poi veniamo servite da un'altra persona alla quale ordiniamo una tagliata così dicendo:
"Cortesemente, leggo Tagliata ai porcini, ma i porcini sono in scatola?"
"Ovviamente sì!"
Già, ovviamente... si domanda se il Duomo fa cura, si dice dalle nostre parti! Optiamo allora per quella al rosmarino che, una volta sul nostro tavolo, ci appare con un olio trasparente a tal punto da sembrare di semi... mah, ormai che s'era presa si assaggia e... incredibile! Sapeva di pesce! Una cosa rivoltante... altro che cucina destrutturata, qui era proprio carne alla griglia che sapeva di pesce fritto!!!
Quantomai deluse ci avviciniamo repentinamente alla cassa togliendo il portafogli dalla borsa come per dire fateci il conto e mandateci via così almeno si smette di patire...
Che dire, meno male che la compagnia era insuperabile... come il tonno al quale hanno rubato l'olio della tagliata!

Alle prossime,

Sbaffina

venerdì 6 febbraio 2009

Il tordo che tarda

Se una persona decide di aprire ad Arezzo un ristorante che faccia della cacciagione la sua punta di diamante, dovrebbe almeno sapere che circa la metà degli aretini è nata con un fucile in mano. Ma oggi forse non è più così, ed è per questo che Zia Monica in Via Isonzo deve aver deciso di provare.
Ci siamo stati di martedì, sempre per i soliti motivi, ma in questo caso abbiamo fatto un errore marchiano. Infatti il ristorante chiude il mercoledì, e a dispetto di una interessante offerta di piatti di caccia anche abbastanza rari (vedi il sugo di germano o lo spiedo di tordi) la gentile titolare ci dice che avrebbe rifatto i piatti mancanti il giovedì seguente. Questa affermazione mi fece sfuggire un lamento: "Allora quello che ci dà stasera è di giovedì scorso!"
Comunque dopo una dotta dissertazione sui funghi porcini che la stessa usava nel suo locale, la descrizione delle carni che si faceva venire direttamente dall'Austria (???), la qualità della Sacher Torte che lei stessa preparava, abbiamo ordinato: un assaggio di crostini misti, un antipasto misto (lo perderà il vizio prima o poi), un fungo porcino fritto e due piatti di spezzatino di daino, uno in salmì e l'altro ai porcini con tartufo.
Ci siamo visti arrivare tre crostini su pane alto come un palazzo, uno di fagioli diacci dalla scatola (o quasi), uno con un strano polpettone di patate e crema di tartufo un tanto al barattolo, i famosi porcini (anch'essi sbarattolati, scolati dell'acqua e trifolati poco poco) e i funghi fritti surgelati.
L'antipasto è rimasto triste sul piatto della Sbaffina che scansando una sorta di pancetta affumicata Coop Style (austriaca anche quella?) ha mangiato un po' di prosciutto.
Quando ho assaggiato il secondo volevo venire via!!! Due identici piatti di daino, salati arrabbiati, sopra uno dei quali il giovane e sprovveduto cuoco aveva lanciato una crema di tartufo dove alcuni pezzi di porcino navigavano in tranquillità. Non ci credete? Andate e provate voi stessi...
Il finale di questa serata aveva bisogno di un dolce ma, indovinate?, la tanto decantata Sacher Torte non c'era (la faccio giovedì). Mentre andavamo alla cassa (quella c'è anche il martedì) esce il giovane cuoco al quale raccomando un uso sensato del sale che potrebbe uccidere, vista la quantità usata, gli ipertesi come me. Nego l'offerta di un digestivo non avendo mangiato quasi nulla e pago 70 euro...
A proposito, sapete come fa il microonde ad avvisare che la pietanza è pronta? "Diin".
Noi eravamo vicino alla cucina: dovevate sentire! Una sinfonia... Pareva il concerto del 1 gennaio.
Quello sì che lo fanno a Vienna.

Poldo

giovedì 5 febbraio 2009

Chi cerca trova!


Avete mai provato a cercare un ristorante dove cenare il 7 di gennaio ad Arezzo? No? Meglio così, tanto non l'avreste trovato! Tranne qualche rarissima eccezione, tutti rigorosamente chiusi... Si vede che con le feste hanno scassettato che basta, come si dice dalle nostre parti!
Ah, scusate, mi presento: sono la signora Sbaffini. Stavolta Poldo lasciamolo a casa in poltrona: anzi, a dire il vero è stato lui a non voler venire dicendo "Ma dove andate co' 'sto tempo, tanto poi saran tutti chiusi!"... Oh, detto e fatto, aveva proprio ragione!
Insomma, ormai s'era deciso di andare, mio nipote insisteva e quindi siamo usciti e ci siamo messi a girare per il centro... Dopo quaranta minuti ancora niente, e chi è di Arezzo sa benissimo che in mezz'ora la si gira tutta in lungo e in largo (dieci minuti in più concedetemeli, vista l'età non più giovanissima!).
Sinceramente demotivati, decidiamo di tornare verso casa, quando ci imbattiamo in un locale aperto, ma che faceva di tutto per sembrare chiuso... che vi devo dire, forse anche il proprietario stesso, data la scarsità di avventori, aveva pensato "Ma chi me l'ha fatto fare di aprire stasera?", e per risparmiare aveva spento un po' di luci. Comunque aperto lo era sul serio e decisamente sollevati entriamo a I Tre Bicchieri. Una salettina minuscola arredata con raffinato minimalismo, ottima scelta dei colori e persona che ci accoglie piuttosto elegante: è un buon inizio, no?... Sì, peccato che di buono alla fine rimangano solo le impressioni iniziali!
Dopo un'attesa decisamente esagerata, dovuta forse al troppo lavoro che gli unici altri otto clienti, peraltro ormai giunti alla torta di compleanno, davano all'unico operatore presente in sala, finalmente ordiniamo... nell'ordine: una tagliatella con porri e zucca gialla, uno gnocchetto al sugo di cinghiale e una tagliata.
Di lì a poco ci arrivano... nell'ordine: un piatto di pasta con due tipi diversi di tagliatelle mischiate insieme forse per nascondere il fatto di averle in parte riciclate da qualcun altro, ma indubbiamente uno crudo e l'altro scotto; un piatto di topini dal vago retrogusto di muffa probabilmente fatti con patate del secolo scorso e che Cetica neanche l'avevano vista passandoci col camion, conditi con un sugo che sapeva di tutto fuorché di cinghiale; un piatto con tre-e-dico-tre striscioline a testa di tagliata affogate nell'olio nemmeno troppo caldo nel quale pareva nuotassero chiedendo di essere salvate al più presto da quell'agonia, con l'aggiunta di due o tre chicchi di pepe verde... Ditemi voi se non sarebbe stato meglio che avessimo trovato chiuso pure questo!
Comunque, dopo non aver mangiato quasi niente e bevuto uno splendido vino umbro, siccome ormai ci piace tentare la fortuna, ordiniamo anche il dolce e finalmente ci arriva un piatto che, oltre presentarsi bene, era anche buono! Finalmente tiriamo un sospiro di sollievo e non ci arrischiamo a chiedere il caffè, chissà mai cosa potrebbero portarci!
Il conto? 110 euro!
...Mica male, un vero affare direi!
Alla prossime,

Sbaffina

mercoledì 4 febbraio 2009

Becchi e bastonati!

Accanto a quella che è diventata per Arezzo la "strada dei ristoranti" è situata un'altra perla della nostra città: L'Osteria da Luchino.
Aspettando Pisellino, nostro nipote, la Sbaffina ed io ci siamo accomodati in quella che dall'esterno sembrava una tipica trattoriola toscana. Rustico ma lezioso, il locale effettivamente attira e ti senti a tuo agio, ma purtroppo il piacere che pregusti leggendo il menù finisce con la lettura.
Dopo circa 20 minuti che aspettavo che il cameriere mi chiedesse se volevo nell'attesa bere qualcosa mi decido a ordinare acqua e vino. Tralascio di commentare il servizio del vino perché altrimenti penserete che sia prevenuto, ma visto che me lo fai pagare almeno lasciami il tempo di dire che va bene.
Arriva il nipote e ordiniamo: il solito antipasto la sig.ra (gli si dice sempre che è fissata), il baccalà per Pisellino, la trippa all'aretina per me e un contorno di fagioli all'uccelletto. Vi domanderete perché prendo i fagioli e non qualche altro contorno. Spiego subito: piatto che sembra facilissimo, è una spina nel fianco della cucina perché i fagioli o li lessi o usi l'apriscatole, e da questo si vede la cura e la passione del cuoco.
Prima delusione: il baccalà è finito! Fa Pisellino: "Acc!!! Allora mi porti un risotto ai porcini, e nel frattempo, visto che ci vogliono almeno 20 minuti, porti anche a me dei fagioli."
Allora, lo sapete che la trippa all'aretina si fa con il sugo di carne? Il cuoco di Luchino no. Mi porta un coccio caldo di trippa fatta come a Firenze, solo più scura e soprattutto fatta quasi tutta con il centopelli (che non è trippa in senso di reticolo o cuffia, ma una parte dell'intestino di vitello diversa che si usa per fare altre cose). L'antipasto era una sorta di 'mangia-tutto-quello-che-è-rimasto-nel-frigo-perché-domani-si-va-in-ferie' (verità) con la solita insalata di mare scondita da surgelatore. I fagioli tanto lo sapevo, ma le coup de chef è arrivato con il risotto: riso bollito con porcino cubettato, non trifolato e non mantecato!!! Alòòòòòò!
Tra la miriade di dolci (sto citando il depliant del ristorante) una creme caramel fatta con le polverine ed una miscela 9 torte questa volta al limone. Il conto per aver mangiato alla fine un pasto completo, cioè 1 antipasto, 1 primo, 1 secondo, 2 contorni e 3 dolcetti: 90,00 euro. Secondo me, invece che dietro San Francesco dovrebbe stare sotto, nelle catacombe!!!
Alle prossime,

Poldo

martedì 3 febbraio 2009

Il bollito bollente


Anni fa guidavo ancora la macchina (oggi con questo traffico la guida la moglie ma un me fido tanto) e quindi andavamo anche fuori Arezzo.
Una volta andammo alla Corte dell'Oca a Subbiano perché ci dissero che facevano il bollito, che diversamente dal lesso si fa in maniera e con carni differenti. Ora, è vero che son passati anni e non ci sono più tornato, ma l'episodio introduce un altro locale visitato di fresco. Insomma il tanto vantato bollito era fatto da un'ala di pollo, un pezzo di muscolo, poca lingua, uno spicchio di petto e due carotine, con sottolio fatti da loro... sì, infatti li avevano tolti loro dalla scatola!
Quando il titolare venne a sentire come era il bollito io risposi "Bollente..." e presi un calcio sotto il tavolo. In effetti avevano portato il lesso.
Invece allo Ciao di Piazza S. Agostino ci siamo stati di recente un giovedì (perché solo il giovedì fanno il bollito). S'entra e l'aria è densa dell'odore di glutammato, quello del dado per capirsi, e dico al mi' nipote "S'andà bene!"
L'ambiente è rustico, un po' da cialtroni, però gli avventori sono tutti sorridenti e pare si conoscano tutti. Andiamo a sedere e ordiniamo due bolliti e un tortellino in brodo (Pisellino è un citto un po' strano), più il vino della casa.
Dopo un sorsino chiamo il cameriere e mi faccio aprire una bottiglia perché il casero fa onco!!! Vini balordi ne ho trovati, ma come quello è difficile.
Arriva il bollito con purea di patate con la noce moscata (??) una salsa verde (????) che è più marrone che altro (sai, il prezzemolo nelle scatole invecchia), la carne di varie qualità tra cui coda e zampa, lingua, testina, insomma pare decente. Massì... dura, tegliosa, freddina, e la salsa un c'ha fatto dormire tutta la notte. I tortellini, ha detto il mi' nipote, eran boni. Tanto non l'avevano fatti mica loro!
Insomma, una tragedia. Il conto non l'ho pagato io, offriva Pisellino, ma un quarantello l'ha speso di sicuro vista la faccia che ha fatto. E allora ho capito il nome: Ciaoooo.... un c'artorno più.
Ho scritto un po' in vernacolo perché il locale mi ispirava così. A proposito, ho letto i vostri commenti e vi ringrazio dell'attenzione. Diffondete questo sito, perché io spero che ci leggano anche Loro... hai visto mai si vergognassero e cominciassero a cucinare meglio.
Alle prossime,

Poldo